Riassunto

Una riflessione approfondita sull’evoluzione del processo penale telematico in Italia: dalle basi normative del CAD e del PNRR, alle sfide operative emerse nel 2025. Analisi critica e professionale degli impatti su avvocati, periti e operatori della giustizia digitale, con focus sul ruolo della criminalistica forense.

📌 Processo penale telematico: opportunità, ritardi e criticità

Una riflessione a partire dal confronto tra teoria e pratica

di Domenico Moretta – Criminalista forense

1. Introduzione

La transizione al processo penale telematico (PPT) rappresenta uno dei passaggi più significativi nella digitalizzazione della giustizia italiana. L’entrata in vigore dell’obbligo generalizzato di utilizzo del PPT nel primo grado di giudizio a partire dal 2025 è il culmine di un lungo percorso legislativo, organizzativo e tecnologico.

A stimolare questa riflessione è stata la lettura del n. 3/2024 della rivista – della Camera Penale di Roma –  CentoUndici, interamente dedicato a un confronto serrato tra magistrati, avvocati, studiosi e tecnici su quanto sta accadendo realmente nei tribunali italiani. Ne emerge un quadro ricco, a tratti contraddittorio, che merita di essere analizzato alla luce delle fonti normative e dell’esperienza professionale sul campo.

2. Le premesse normative e sistemiche

Il presupposto teorico del processo penale telematico va rintracciato nel Codice dell’Amministrazione Digitale (D.Lgs. 82/2005), che ha introdotto il principio generale dell’obbligo per la Pubblica Amministrazione di utilizzare strumenti digitali nei rapporti con cittadini e imprese. Tale principio ha trovato un primo sbocco nel settore civile e tributario, con l’avvio del processo civile telematico (PCT), ma ha tardato ad attecchire nel penale.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha inciso in modo determinante sull’avvio del processo penale telematico. La Missione 1, dedicata alla “Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA”, comprende numerose iniziative volte alla modernizzazione del sistema giudiziario, in particolare attraverso i progetti del Ministero della Giustizia per la digitalizzazione degli Uffici giudiziari, la gestione documentale e l’interoperabilità tra sistemi¹.

Sebbene il PNRR non indichi espressamente il Processo Penale Telematico come singolo investimento, l’attuazione dello stesso rientra negli obiettivi di rafforzamento della giustizia digitale, collegati alla Riforma 1.5 (Riforma della Giustizia penale) e al più ampio piano di digitalizzazione previsto nell’ambito della Componente 1 della Missione 1.

L’effetto concreto è stato duplice: da un lato, l’introduzione di scadenze stringenti e target vincolati, dall’altro l’avvio di una transizione strutturale che ha coinvolto Procure, Tribunali, Avvocature e Uffici peritali, imponendo l’adozione di piattaforme digitali, forme di accesso telematico agli atti e nuove logiche organizzative.

🔗 Note e fonti ufficiali:

  1. Ministero della Giustizia – PNRR: investimenti e riforme
    👉 https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_11_2.page

  2. PNRR – Monitoraggio e open data giustizia (dati ufficiali)
    👉 https://datiestatistiche.giustizia.it/it/pnrr.page

  3. Riforma della giustizia penale – Riforma 1.5 (sito ufficiale)
    👉 https://www.giustizia.it/giustizia/page/it/pnrr_riforma_penale

3. La tensione tra efficienza e garanzie

L’editoriale di Giorgio Marafioti pubblicato su CentoUndici chiarisce sin dalle prime battute il nodo centrale: la tensione tra il mito dell’efficienza e la salvaguardia delle garanzie. La digitalizzazione è presentata come un fine, quando dovrebbe essere un mezzo. E il rischio è che si perda di vista la funzione costituzionale del processo penale.

Nei contributi di Fabrizio Pittiruti, Lorenzo Totani e Antonino Santamaria emerge una preoccupazione condivisa: la piattaforma digitale ministeriale è frammentaria, poco interoperabile, e soprattutto carente sul fronte del controllo delle notifiche e della tracciabilità delle comunicazioni.

Il rischio maggiore?

Che il processo diventi “telematico” solo per alcuni, lasciando sguarnito proprio il diritto alla difesa di chi non ha accesso o competenza digitale adeguata. Si tratta di un tema che tocca il cuore dell’equità processuale e dell’art. 111 Cost.

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4. Stato dell’arte: cosa funziona e cosa no

Le testimonianze operative raccolte nella rivista, in particolare quelle del Dott. Giovanni Pesci e del Dott. Michele Abbritti, mettono in luce l’enorme sforzo organizzativo compiuto per garantire l’accessibilità e la fruibilità degli atti digitali.

Tuttavia, permangono criticità strutturali:

  • Notifiche PEC non sempre tracciabili e carenti di certezza giuridica;

  • Assenza di protocolli univoci tra Procure, Tribunali e Avvocature;

  • Difficoltà nell’interoperabilità tra sistemi regionali;

  • Disparità nell’uso delle firme digitali, con incertezze sulle modalità di autenticazione.

Come osservato anche dall’Avv. Marco Cattaneo, il rischio è che il processo venga “formalmente digitalizzato” ma rimanga “sostanzialmente analogico”, con aggravio di adempimenti per i difensori.

5. Impatti sulla criminalistica forense

La digitalizzazione del processo penale impatta profondamente anche sulle attività tecnico-forensi. Il perito trascrittore, ad esempio, si trova a dover interagire con fascicoli elettronici, file audio/video protetti, e metadati sempre più rilevanti per la validazione della prova.

La catena di custodia digitale assume una centralità decisiva: la gestione forense dei supporti (cloud, smartphone, registratori digitali) deve ora avvenire nel rispetto di protocolli che siano compatibili con l’ambiente digitale processuale. Laddove non esistano linee guida ufficiali, il rischio di contestazioni è elevato.

Inoltre, la trascrizione forense deve adattarsi a nuovi formati, nuovi standard, e nuove tempistiche. Il perito non può più limitarsi alla verbalizzazione analogica, ma deve conoscere le logiche della gestione documentale elettronica, dell’autenticazione digitale e della conservazione sostitutiva.

6. Considerazioni conclusive

Il processo penale telematico non è un’opzione: è un dato di fatto. Tuttavia, il modo in cui viene implementato fa la differenza tra una riforma giusta e una deriva tecnocratica. La tecnologia deve porsi al servizio della giustizia, non viceversa.

Serve una governance unitaria, una formazione capillare e continua per tutti gli operatori, e un serio investimento nella qualità del dato digitale giuridico. Altrimenti il rischio è quello ben sintetizzato dalla rivista CentoUndici: “Un processo efficiente ma non equo”.

7. Invito al confronto

Questo articolo nasce dalla lettura del numero 3/2024 della rivista CentoUndici, che consiglio vivamente a chiunque operi nel settore giuridico. La riflessione è aperta: cosa ne pensi del processo penale telematico? Come impatta sulla tua attività professionale?

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🔹 Domenico Moretta – Criminalista forense e consulente in investigazioni digitali