Riassunto
Due pronunce recenti – USA e Germania – analizzano la liceità dell’addestramento AI rispetto a copyright e privacy. Il giudice americano ha riconosciuto il fair use in assenza di danno dimostrato, mentre la Corte di Colonia ha ritenuto legittimo l’utilizzo dei dati pubblici degli utenti se conforme al GDPR. L’articolo riflette sul bilanciamento tra innovazione tecnologica e diritti fondamentali.
Addestramento AI tra copyright e privacy: un interesse superiore?
Due recenti sentenze, una statunitense e una tedesca, aprono alla legittimità dell’uso di opere protette e dati personali per l’addestramento dei modelli di intelligenza artificiale. Una svolta giurisprudenziale o semplice equilibrio contestuale?
di Domenico Moretta – Criminalista e Digital Forensics Expert
Il progresso tecnologico nel campo dell’intelligenza artificiale – e in particolare dei modelli generativi – ha posto i sistemi giuridici di fronte a sfide senza precedenti. Tra queste, due tensioni centrali: la tutela del diritto d’autore e la protezione dei dati personali. Le sentenze K. v. Meta negli Stati Uniti e quella del Tribunale Superiore di Colonia in Germania rappresentano due snodi giurisprudenziali significativi, i cui esiti, pur fondati su sistemi normativi e presupposti diversi, sembrano convergere su un medesimo principio: l’addestramento dell’AI, se ben regolato, può costituire un interesse legittimo prevalente su interessi individuali, purché valutato caso per caso.
1. K. v. Meta: il fair use come apertura al machine learning
La decisione del giudice federale californiano Vince Chhabria (25 giugno 2025) ha suscitato ampia attenzione. Il caso riguardava l’uso, da parte di Meta, di tredici opere letterarie coperte da copyright, incluse quelle di autori noti, per addestrare i modelli linguistici della serie LLaMA.
Il Tribunale ha riconosciuto la liceità dell’uso delle opere protette in forza del principio del fair use, considerando trasformativo l’obiettivo dell’addestramento: non una riproduzione, né una distribuzione concorrenziale, ma l’analisi di pattern linguistici. Fondamentale è risultata l’assenza di una prova concreta di danno economico per gli autori.
Questa pronuncia, però, non costituisce un lasciapassare generalizzato. Il giudice ha espressamente sottolineato che il giudizio di fair use è contestuale e probatorio: in casi futuri, una diversa allegazione di danno o un utilizzo meno trasformativo potrebbe condurre a esiti opposti.
Per un approfondimento tecnico sul ruolo dell’intelligenza artificiale in ambito investigativo e probatorio, rimando all’articolo:
👉 L’utilizzo dell’intelligenza artificiale nella digital forensics: vantaggi e sfide
2. Colonia: l’AI può trattare i dati pubblici degli utenti
In parallelo, il 23 maggio 2025, il Tribunale Superiore di Colonia ha respinto il ricorso d’urgenza contro Meta, confermando la legittimità dell’uso dei dati pubblici di Facebook e Instagram per finalità di addestramento AI, inclusa la personalizzazione dei servizi linguistici come Meta AI.
In questo caso, la Corte ha fondato la propria decisione sull’art. 6(1)(f) del GDPR: il legittimo interesse del titolare del trattamento, a condizione che siano adottate misure proporzionate e trasparenti. Meta, infatti, ha implementato sistemi di pseudonimizzazione, ha fornito un meccanismo di opt-out e ha utilizzato solo contenuti esplicitamente pubblici.
Anche qui, la decisione non è generalizzabile: riguarda esclusivamente utenti consapevoli e dati visibili pubblicamente. La giurisprudenza europea, infatti, continua a ritenere non ammissibile, in linea di principio, l’uso indiscriminato di dati personali senza consenso, soprattutto se sensibili o non manifestamente resi pubblici.
Una riflessione parallela in materia di bilanciamento tra tecnologia e diritti la trovi nell’articolo:
👉 I sistemi di videosorveglianza ed il contesto normativo
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3. Innovazione e diritti: verso un bilanciamento dinamico
Le due decisioni – USA e Germania – pur distanti per ordinamento, convergono nel riconoscere che l’addestramento dei modelli AI, se regolato con garanzie adeguate, può rappresentare un interesse legittimo e superiore, capace di prevalere temporaneamente su alcuni diritti individuali.
Tuttavia, tale prevalenza non è mai assoluta. Al contrario, è subordinata a due condizioni fondamentali:
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Valutazione concreta e contestualizzata: ogni caso richiede un bilanciamento che tenga conto della natura del dato/opera, delle finalità del trattamento, delle misure adottate e dell’eventuale danno dimostrabile.
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Trasparenza e responsabilizzazione: le aziende devono dimostrare buona fede, minimizzazione dei dati e possibilità di opposizione effettiva.
4. Un interesse superiore?
La sensazione, leggendo queste pronunce, è che il diritto stia faticosamente cercando di non ostacolare l’innovazione tecnologica, senza però abdicare al proprio ruolo di tutela dei diritti fondamentali. L’AI, infatti, necessita di grandi quantità di dati per funzionare correttamente – e proprio l’assenza di dati, o l’utilizzo di dataset poveri o distorti, può generare risultati errati, discriminatori o potenzialmente pericolosi.
Quindi, sì: in questo momento storico, non fermare l’innovazione sembra essere un principio guida. Ma con due avvertenze giuridiche: la prima, che ogni giudice valuterà caso per caso; la seconda, che l’innovazione dovrà sempre fare i conti con gli obblighi di accountability, etica e trasparenza.
Conclusioni
Le pronunce in commento costituiscono segnali rilevanti nel dibattito giuridico globale. Riconoscono che l’AI ha bisogno di “nutrirsi” di dati e contenuti, ma allo stesso tempo chiedono che tale nutrimento avvenga nel rispetto delle regole, e soprattutto con attenzione all’effettivo impatto su autori e interessati.
Una “resa” del diritto? Al contrario: una sua evoluzione selettiva, capace di distinguere, mediare e, quando serve, correggere. Il futuro dell’AI – almeno dal punto di vista giuridico – si giocherà non solo sulla qualità dei modelli, ma anche sulla qualità delle regole che li alimentano.
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